domenica 18 aprile 2010

IL CAMMINO DI SANTIAGO A GENOVA TERZA PARTE





IL "CAMMINO DI SANTIAGO DI COMPOSTELA "A GENOVA

La ricerca della via della salvezza e della fede di fronte allo spettacolo del paesaggio e alla luce dell'arte
Tre tappe del Cammino di Santiago di Compostela in mezzo alla città di Genova,fermandosi a pregare e a riflettere negli antichi oratori e chiesette lungo il percorso.
Sabato 27 marzo
Da S.Erasmo di Quinto a S.Rocco di Vernazza per la castagna e S.Bartolomeo di Quarto
Domenica 28 marzo
Dall'Anime e Cintura di S.Vincenzo a S.Giovanni di Prè per San Giacomo delle Fucine e Della Marina
Lunedì 29 marzo
Dall'Assunta di Prà a S.Limbania per S.Ambrogio ,S.Erasmo eMorte e Orazione di Voltri

LE CONFRATERNITE
Breve storia delle "Casacce"
L'origine delle Confraternite a Genova è antichissima e si perde nella notte dei tempi. Il periodo più noto parte con il movimento dei Disciplinanti; a Genova troviamo una confraternita intitolata a S. Antonio già nel 1232, nella Chiesa di S. Domenico (dove oggi è Piazza De Ferrari). Il grande movimento dei Disciplinanti sorse nel 1260, suscitato da Ranieri Fasani di Borgo S. Sepolcro in Perugia, il quale, partito da Perugia vestito di sacco, con una disciplina in mano si batteva implorando misericordia e pace, andando per le vie e piazze infervorando tutti a seguirlo. La lunga processione dei Disciplinanti passo in altre città: Spoleto, Imola, Bologna, Modena, Reggio, Parma, Piacenza e Tortona dove, condotti da Sinibaldo Opizzoni, arrivarono a Genova; ne riporta il racconto il Beato Iacopo da Varagine, contemporaneo ai fatti, ed in seguito Arcivescovo di Genova.

Nel 1399 un altro grande movimento confraternale arrivò a Genova, erano i Bianchi di Provenza, entrarono in città il 5 luglio tutti vestiti di bianco; anche loro imploravano misericordia e pace, le processioni erano aperte dai confratelli che portavano il Crocifisso. Le Confraternite a Genova, in quell'epoca, furono animate da due grandi Santi: S. Vincenzo Ferreri e S. Bernardino da Siena.

Altre Confraternite sorsero nei secoli successivi:
- quelle del S. Rosario dopo la battaglia di Lepanto, volute dai Padri Domenicani e dall'Arcivescovo, il Cardinale Stefano Durazzo, per la divulgazione del S. Rosario
- quelle del S. Sacramento per l'adorazione all' Eucarestia
- quelle della S.S. Trinità per la liberazione degli schiavi cristiani
- la Misericordia per l'assistenza ai carcerati
- Morte e Orazione per il suffragio e sepoltura dei defunti.

Nei secoli le Confraternite genovesi ebbero gran peso nella vita sociale in particolare durante le calamità naturali o eventi bellici, operarono sempre con carità, fondando ospedali e lazzaretti, provvedendo alle sepolture, curando la mutua assistenza in favore dei più bisognosi, come ad esempio a Gavi dove la Confraternita dei Bianchi aveva il monte del grano per distribuire i semi ai contadini più poveri e quella dei Turchini gestiva il monte dei pegni.

Gli Oratori furono chiamati anche Casacce, perché in essi avevano sede più compagnie. Le Confraternite sono sempre state dedicate alla S Croce, alla Beata Vergine Maria o ad un Santo, fu famosa la Compagnia dei 72 Discepoli.

Anche le corporazioni di mestiere avevano la loro sede negli Oratori, assieme alle Compagnie. Le Confraternite erano il punto di incontro tra il clero e il popolo e in particolare modo appoggiarono la Chiesa durante la Controriforma. L'impegno principale delle Confraternite è sempre stato quello spirituale, caritativo e sociale, come ben si può notare consultando gli Antichi Statuti. Lo Statuto fondamentale per le Confraternite, dopo il Concilio di Trento, fu emanato a Milano nel 1573 dal Cardinale Carlo Borromeo e introdotto in Genova dall'Arcivescovo Card. Antonio Sauli nel 1587, con l'aggiunta di alcuni capitoli.

Durante i secoli le nostre Confraternite si arricchirono di un grande patrimonio artistico quale: statue, quadri, vesti, argenterie e oratori, dove lavorarono i migliori artisti del tempo. Purtroppo le confraternite genovesi non furono esenti da calamità belliche abbattutesi in vari tempi, in particolare durante l'era napoleonica, in cui furono soppresse e depredate da ogni bene di loro proprietà.

Oggi le nostre Confraternite sono attive come sempre, oltre ad avere una reciproca collaborazione, sono inserite nel contesto Parrocchiale, collaborano con i Rev. Parroci, in particolare modo nelle feste Patronati. Degni di nota sono le processioni ed i pellegrinaggi ai vari Santuari con gli artistici Crocifissi.

Tutte le Confraternite dell'Arcidiocesi sono soggette allo Statuto Generale Diocesano, approvato dall'Arcivescovo di Genova S. E. Cardinale Tarcisio Bertone, con Decreto Arcivescovile in data 3 Aprile 2005. Le Confraternite dell'Arcidiocesi di Genova sono tutte iscritte alla Confederazione Nazionale delle Confraternite, organismo costituito dalla C.E.I. Tutte le Confraternite Diocesane sono soggette e fanno capo al Priorato, siano esse definite tali, compagnie, congregazioni o simili. Il Priorato nei confronti delle Confraternite è organismo di: direzione, vigilanza, coordinamento e disciplina.

LE CASACCE
La Casassa (Casaccia) è un’antica tradizione genovese e ligure legata a uno o più santi e a un ötöio (oratorio). Nata dalla rivalità tra le varie Confraternite, è diventata nel tempo simbolo di una sfarzosa procescion (processione). I casassanti (appassionati di Casasse) attendono con ansia a sciortia da Casassa (l’uscita della Casaccia). Per primo appare il confaon (gonfalone), poi a cascia do Santo (la cassa del Santo), antica e di pregevole fattura. Tutti i confræ (confratelli) hanno la cappa, mentre il priô (priore) e i responsabili della Casassa indossano una cappa a strascico detta pastorale. L’oggetto più atteso è il grande Cristo ligneo, gianco (bianco) oppure möo (moro, nero). L’incrocio dei bracci della croce si chiama croxêa, gli ornamenti ai lati e in alto (d’argento, a fiori, tintinnanti) si chiamano canti, l’iscrizione di Cristo si chiama titolo, la figura di Cristo si dice imàgine, il panno che copre il ventre di Cristo è detto manto. Il crocifisso, pesantissimo, è portato dal portòu da Cristo (portatore di Cristo) che usa, per scaricarne il peso sulle spalle, un’imbracatura di cuoio che termina con un bossolo, detto cròcco, dove si mette il pesin (piede della croce). Per proteggersi il corpo i portoei indossano una pansêa (panciera). Il portòu indossa il tabarin (mantellina) che varia a seconda della croce che porta. Per spostare la croce da un portòu all’altro si usa il martinente (impugnatura dietro la croce) e chi fa l’operazione è detto stramuòu (tramutatore). Infine chi brasezza (si sbraccia) tenendo con abilità in equilibrio la croce appoggiata a una spalla è detto brasezòu.

Pescòu da canna, caciòu da vischio, portòu da Cristo, trei belinoin coscì no n’ò mai visto!

ORATORIO DI S.ERAMO IN QUINTO AL MARE
La Compagnia di S.Erasmo come risulta da un documento ufficiale del 1582 definisce l'oratorio di S.Erasmo come "Casaccia S.Erasmi",nel 1716 si unì con la "Compagnia dei Settantadue e poi si aggregarono all'Arciconfraternita Mortis et Orationis di Roma ",assumendo la denominazione "CONFRATERNITA MORTIS ET ORATIONIS DI S.ERASMO IN QUINTO ALMARE


Sant'Erasmo - Martire del IV secolo
Erasmo è nome di origine greca ed ha il significato, assai bello, di " desiderato " o meglio " amato ".
Sant'Erasmo fu Vescovo di Formia, in Campania, e sul suo conto esistono favolose leggende nel quadro della persecuzione di Diocleziano, agli inizi del IV secolo. Si dice infatti che fosse Vescovo in Asia Minore, nella Siria, e che per sfuggire ai persecutori venisse rapito da un angelo e trasportato a volo nell'Illiria, cioè nell'odierna Dalmazia. Qui convertì moltissimi pagani, prima di essere scoperto e catturato. E di nuovo un angelo lo salvò in volo, trasportandolo sulle coste della Campania. Divenne allora Vescovo di Formia, ma per breve tempo. Morì di lì a poco per le ferite riportate nei due supplizi e perciò ebbe il titolo di Martire.

L'unico dato sicuro di questa fantasiosa vicenda è la presenza, a Formia, delle reliquie di Sant'Erasmo. Quando, nel IX secolo, la città fu distrutta dai Saraceni, le reliquie vennero trasferite nella non lontana Gaeta, e di questa città Sant'Erasmo è ancora venerato come Patrono.

La fantasia devota arricchì la sua figura di particolari suggestivi. Tra le " crudelissime torture " che il martirologio gli attribuisce, s'immaginò per esempio, che al Martire venisse squarciato il ventre e fossero strappati gli intestini. Tale raccapricciante supplizio valse a Sant'Erasmo fama di protettore nei mali del ventre e dei visceri, non escluse le doglie del parto.

Per rendere più truce ed evidente la scena del supplizio, gli artisti vi raffigurarono un argano, attorno al quale il carnefice avvolgeva, come una fune, i visceri strappati al Santo.

I devoti della Campania erano quasi tutti marinai. Sui loro navigli non mancavano gli argani sui quali venivano avvolte le gomene. Parve così che Sant'Erasmo si trovasse a proprio agio sulle navi, e venne senz'altro assunto tra i protettori dei marinai, numerosi quanto lo sono i pericoli del mare.

A bordo, il nome di Erasmo si mutò in quello di Elmo, ed ebbe un curioso seguito. Le spettrali fiammelle che si vedono, o si vedevano un tempo, sugli alberi e i pennoni delle navi, prima o dopo le tempeste di mare, e che sembra siano dovute a scariche di elettricità statica, vennero dette comunemente " fuochi di Sant'Elmo ". Si volle, cioè, attribuirle alla protezione che il Santo sicuramente non avrebbe fatto mancare ai marinai, trasformando la loro nave in una specie di immenso candelabro, implorante la salvezza contro le forze scatenate della natura.
Nell'oratorio sono conservati dipinti di S.Rocco,sull'altare statua lignea del santo,un dipinto di S.Isidoro,un altare della Madonna della Pace,polittico di S.Erasmo,dipinto di S.Michele Arcangelo,dipinto settecentesco di Cristo Trionfante con S.Erasmo e altri Santi,un crocifisso rinascimentale ,con l'effige di Cristo posta su una antica Croce di legno tondeggiante di limone.
Lasciato l'Oratorio ci ncamminiamo lungo una salita che ci porta pa percorrere la Via Antica di Quinto I devoti della Campania erano quasi tutti marinai. Sui loro navigli non mancavano gli argani sui quali venivano avvolte le gomene. Parve così che Sant'Erasmo si trovasse a proprio agio sulle navi, e venne senz'altro assunto tra i protettori dei marinai, numerosi quanto lo sono i pericoli del mare.

A bordo, il nome di Erasmo si mutò in quello di Elmo, ed ebbe un curioso seguito. Le spettrali fiammelle che si vedono, o si vedevano un tempo, sugli alberi e i pennoni delle navi, prima o dopo le tempeste di mare, e che sembra siano dovute a scariche di elettricità statica, vennero dette comunemente " fuochi di Sant'Elmo ". Si volle, cioè, attribuirle alla protezione che il Santo sicuramente non avrebbe fatto mancare ai marinai, trasformando la loro nave in una specie di immenso candelabro, implorante la salvezza contro le forze scatenate della natura.Ci inseriamo sulla via Romana della Castagna
Deve il nome ai Castagna, antichi proprietari di vaste aree della zona

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