






VISITE DELLO SPIRITO IL "CAMMINO DI SANTIAGO "A GENOVA
SECONDA PARTE
CONFRATERNITA DELLE ANIME E DELLA CINTURA Via S,Vincenzo 68 cancello
Vita di S,Agostino
Sant'Agostino nasce in Africa a Tagaste, nella Numidia - attualmente Souk-Ahras in Algeria - il 13 novembre 354 da una famiglia di piccoli proprietari terrieri. Dalla madre riceve un'educazione cristiana, ma dopo aver letto l'Ortensio di Cicerone abbraccia la filosofia aderendo al manicheismo. Risale al 387 il viaggio a Milano, città in cui conosce sant'Ambrogio. L'incontro si rivela importante per il cammino di fede di Agostino: è da Ambrogio che riceve il battesimo. Successivamente ritorna in Africa con il desiderio di creare una comunità di monaci; dopo la morte della madre si reca a Ippona, dove viene ordinato sacerdote e vescovo. Le sue opere teologiche, mistiche, filosofiche e polemiche - quest'ultime riflettono l'intensa lotta che Agostino intraprende contro le eresie, a cui dedica parte della sua vita - sono tutt'ora studiate. Agostino per il suo pensiero, racchiuso in testi come «Confessioni» o «Città di Dio», ha meritato il titolo di Dottore della Chiesa. Mentre Ippona è assediata dai Vandali, nel 429 il santo si ammala gravemente. Muore il 28 agosto del 430 all'età di 76 anni.
VERGINE DELLA CINTURA
La festa della Madonna della Cintura viene celebrata la prima domenica dopo il 28 agosto, data in cui la Chiesa fa memoria di Sant’Agostino. Come accade anche in altri casi ne consegue che le celebrazioni possono cadere un anno in un mese ed un anno in un altro.
La devozione alla Vergine della Cintura, secondo la tradizione, è nata dal desiderio di Santa Monica di imitare Maria anche nel modo di vestire: Monica infatti avrebbe chiesto alla Madonna di farle conoscere quale era il Suo abbigliamento durante la Sua vedovanza e, soprattutto, come vestiva dopo l’ascesa al cielo di Gesù. La Vergine, accontentandola, le apparve letteralmente coperta da un’ampia veste di stoffa dozzinale, dal taglio semplice e di colore molto scuro, ossia in un abito totalmente dimesso e decisamente penitenziale. Tale veste era stretta in vita da una rozza cintura in pelle che scendeva quasi fino a terra. Maria, slacciatasi la cintura, la porse a Monica raccomandandosi di portarla sempre e le chiese di invitare tutti coloro che desideravano il Suo particolare patrocinio ad indossarla. Fra i primi che approfittarono dell’opportunità troviamo Sant’Agostino, il figlio di Monica e, poco per volta, la cintura divenne uno dei tratti distintivi dell’ordine degli Agostiniani e di quanti hanno regole di vita che traggono spunto da Sant’Agostino.
Lasciata la Cappella della confraternita ci avviamo verso le antiche mura Le mura del Barbarossa
Nel 1155 si rese necessario l'ampliamento della cinta difensiva verso nord-ovest fino a comprendere quella delle tre entità territoriali, Castrum - Civitas - Burgus, che era rimasta fuori della cerchia romana e alto medievale, il Borgo.
Queste mura del XII secolo partivano dalla chiesa di Santa Croce, la chiesa allora della comunità dei Lucchesi in Genova come risulta da un atto del 1128, che si trovava presso Sarzano, accanto al Castello. Il circuito delle mura tralasciava il versante a mare del colle di Sarzano che per lo strapiombo sul mare non richiedeva ulteriori fortificazioni.
Le mura pertanto iniziavano dal portello detto di Santa Croce, sopra un incunearsi del mare a strapiombo che delimitava il lato meridionale della piazza Sarzano, strapiombo poi varcato dalle mura del Cinquecento con due immensi archi a sesto acuto. Da qui, a differenza delle mura precedenti che tagliavano quasi a metà l'attuale piazza Sarzano, queste mura la recingevano al completo, includendo nel loro percorso la chiesa romanica di San Salvatore, degli agostiniani (ricostruita nel Sei-Settecento).
Le mura del Barbarossa con le porte, i Portelli, le Torri e la Rocca di Sarzano
Passavano sul retro dell'attuale via del Colle, dove alcuni tratti rimangono tuttora, in via delle Murette (dal dialetto Miagette, Muragliette) e in vico chiuso di San Salvatore. In questa zona le mura costituirono infatti, a partire dal XIV secolo, il sostegno delle case popolari - ad esse addossate - di via del Colle e di Campopisano.
Dal retro della via del Colle (per via delle Murette che ne segna il percorso di colmo), arrivano alla - anch'essa tuttora esistente - Porta Soprana, detta anche Porta di Sant'Andrea, dall'omonima chiesa che era situata nei pressi della porta e che dava il nome al colle. La piazza interna alla Porta Soprana è infatti chiamata Piano di Sant'Andrea. Essa coincideva peraltro con la precedente porta di Sant'Andrea delle Mura Carolinge.
La Porta Soprana, che era stata come altre porte inghiottita dalla successiva edilizia, venne liberata dalle case ad essa addossate a partire dal 1892, con una serie di restauri avviati dall'architetto Alfredo d'Andrade e proseguiti dopo la sua morte sino alla liberazione della torre meridionale, avvenuta nel 1935.
Dalla Porta Soprana la nuova cinta muraria ampliava notevolmente la porzione di città racchiusa in essa, rispetto a quella precedente. Da questo punto si prolungava per circa 2,4 km, racchiudendo un territorio di 55 ettari.
Raggiungiamo la Confraternita di S.Antonio Abate e S.Giacomo delle Fucine
ORATORIO DI S.ANTONIO ABATE
Posto frontemare a fianco della chiesa di San Salvatore, l'oratorio di Sant'Antonio Abate risale al primo decennio del XVII secolo; fu edificato come sede della "casaccia" (confraternita) omonima , e si arricchì (soprattutto nel Seicento) di un'importante quadreria, oggi in gran parte dispersa.
Soppresso durante il periodo napoleonico, fu riaperto al culto nel 1816; nel 1828 subì un profondo restauro, sotto la guida di Carlo Barabino (autore del progetto) e con la collaborazione dello scultore Ignazio Peschiera.
L'interno - pur senza poter più vantare il corredo artistico di un tempo - conserva ancora alcuni pezzi notevoli: una tavola coi Santi Antonio e Paolo eremita dovuta a Luca Cambiaso; il Cristo Bianco (1710), una tra le opere più significative di Anton Maria Maragliano; San Giacomo Maggiore che abbatte i Mori, cassa processionale attribuita a Pasquale Navone; e il Cristo Moro, crocifisso processionale di Domenico Bissoni (1639), assai popolare un tempo tra i Genovesi per la preziosità dei materiali di cui è composto (legni pregiati per la scultura del Cristo, rivestimento di tartaruga con decorazioni in oro e argento per la croce).
Il Cristo Moro e la cassa del Navone non fanno parte del patrimonio storico di Sant'Antonio Abate, ma provengono dall'oratorio di San Giacomo delle Fucine, demolito nel 1872 per il tracciamento di via Roma.
Si continua attraverso le vie antiche mura delle Grazie, raggiungiamo l'Oratorio della confraternita di S.Giacomo della Marina,Eretto nel '400, l'oratorio assunse l'attuale aspetto barocco nella prima metà del Seicento, quando negli spazi delimitati dalle lesene e nel presbiterio furono inseriti i dodici grandi quadri per cui è famoso: non a caso è stato definito un museo della storia dell'arte genovese del '600, con opere dipinte da alcuni dei maggiori artisti liguri del tempo.
La magnifica raccolta presenta firme ilustri: Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto ("San Giacomo che abbatte i Mori"), G.B. Carlone ("San Giacomo apre le porte di Coimbra a re Ferdinando" e "Martirio di San Giacomo"), Valerio Castello ("San Pietro battezza San Giacomo"), Giovanni Domenico Cappellino ("Predicazione dell'apostolo"), Domenico Piola ("Martirio del santo"), Giovanni Lorenzo Bertolotto ("L'invenzione della spoglia") e Aurelio Lomi ("I figli di Zebedeo presentati a Gesù").
La quadreria è assai significativa anche perchè le tele rappresentano i momenti più importanti della vita e dell'iconografia di San Giacomo, e sono state donate da singoli o da gruppi di confratelli. Difatti la chiesa è sede di una delle confraternite che nel Sei e Settecento furono protagoniste - in un trionfo di stendardi, crocifissi e gruppi scolpiti coperti d'oro e argento - delle famose processioni delle "casacce".
L'oratorio conserva pure una cassa d'organo e un gruppo processionale, entrambi opera del marsigliese H. Pellè, oltre a tre crocifissi e sei panconi settecenteschi.
Vita di S.Giacomo:E’ detto “Maggiore” per distinguerlo dall’apostolo omonimo, Giacomo di Alfeo. Lui e suo fratello Giovanni sono figli di Zebedeo, pescatore in Betsaida, sul lago di Tiberiade. Chiamati da Gesù (che ha già con sé i fratelli Simone e Andrea) anch’essi lo seguono (Matteo cap. 4). Nasce poi il collegio apostolico: "(Gesù) ne costituì Dodici che stessero con lui: (...) Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo di Zebedeo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanerghes, cioè figli del tuono" (Marco cap. 3). Con Pietro saranno testimoni della Trasfigurazione, della risurrezione della figlia di Giairo e della notte al Getsemani. Conosciamo anche la loro madre Salome, tra le cui virtù non sovrabbonda il tatto. Chiede infatti a Gesù posti speciali nel suo regno per i figli, che si dicono pronti a bere il calice che egli berrà. Così, ecco l’incidente: "Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono". E Gesù spiega che il Figlio dell’uomo "è venuto non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti" (Matteo cap. 20).
E Giacomo berrà quel calice: è il primo apostolo martire, nella primavera dell’anno 42. "Il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni" (Atti cap. 12). Questo Erode è Agrippa I, a cui suo nonno Erode il Grande ha fatto uccidere il padre (e anche la nonna). A Roma è poi compagno di baldorie del giovane Caligola, che nel 37 sale al trono e lo manda in Palestina come re. Un re detestato, perché straniero e corrotto, che cerca popolarità colpendo i cristiani. L’ultima notizia del Nuovo Testamento su Giacomo il Maggiore è appunto questa: il suo martirio.
Secoli dopo, nascono su di lui tradizioni e leggende. Si dice che avrebbe predicato il Vangelo in Spagna. Quando poi quel Paese cade in mano araba (sec. IX), si afferma che il corpo di san Giacomo (Santiago, in spagnolo) è stato prodigiosamente portato nel nord-ovest spagnolo e seppellito nel luogo poi notissimo come Santiago de Compostela. Nell’angoscia dell’occupazione, gli si tributa un culto fiducioso e appassionato, facendo di lui il sostegno degli oppressi e addirittura un combattente invincibile, ben lontano dal Giacomo evangelico (a volte lo si mescola all’altro apostolo, Giacomo di Alfeo). La fede nella sua protezione è uno stimolo enorme in quelle prove durissime. E tutto questo ha un riverbero sull’Europa cristiana, che già nel X secolo inizia i pellegrinaggi a Compostela. Ciò che attrae non sono le antiche, incontrollabili tradizioni sul santo in Spagna, ma l’appassionata realtà di quella fede, di quella speranza tra il pianto, di cui il luogo resta da allora affascinante simbolo.
Nel 40 dopo Cristo la Vergine ancora in vita appare a a S.Giacomo a Saragozza in Spagna per confortare l'Apostolo assai deluso dei risultati negativi della sua predicazione. Il "Pilar" è appunto la colonna di alabastro su cui la Vergine avrebbe è conservato nella basilica sorta nel luogo della apparizione.
Lasciato l'Oratorio di S.Giacomo della Marina raggiugiamo la Commenda di Prè: ultima tappa del secondo pellegrinaggio urbsano,Il complesso di San Giovanni di Prè di Genova, conosciuto come la Commenda di San Giovanni di Prè, venne edificato a partire dal 1180 per volontà di Frate Guglielmo, un appartenente ai Cavalieri Gerosolimitani, organismo che diede poi origine all'Ordine dei Cavalieri di Malta a cui attualmente si fa riferimento parlando di questa struttura.
Il complesso è costituito da due chiese in stile romanico, una sovrapposta all'altra; oltre ad una struttura su due piani che svolgeva una duplice funzione di "stazione marittima" del medioevo per chi partiva per la Terra Santa (in quegli anni da Genova salpava la terza crociata al comando del re di Francia) e di ospedale per i pellegrini.
Il bellissimo complesso, visibile nella sua totalità da Via Gramsci, è ben conservato e mantiene il suo aspetto romanico, con la forza della pietra grigia di promontorio e la bellezza del campanile della chiesa di San Giovanni di Prè. All'interno i mattoni e i soffitti in legno dipinti rendono un'aspetto meno severo e più, che riporta il pensiero ai tempi delle crociate.
Nei livelli più antichi del complesso della Commenda di S. Giovanni di Prè si sono raccolti, in strati rimaneggiati, materiali (soprattutto ceramiche) databili tra il II secolo a.C. e il I secolo d.C. da mettere in relazione con un agglomerato secondario, probabilmente sorto con scopi agricoli, lungo il tracciato viario diretto verso la val Polcevera.
E' noto che da Genova partiva la strada consolare Postumia, costruita nel 148 a.C., che attraversava la pianura padana terminando ad Aquileia.
Non sono noti resti del tracciato in Liguria, ma alla strada è stato attribuito un miliario datato tra il 312 e 324, rinvenuto reimpiegato nella cripta della chiesa di S. Tommaso al Caput Arenae.
Nel corso degli scavi dell'area dell'antico Arsenale della Repubblica si è inoltre individuata un antica spiaggia, nei pressi dell'edificio della Commenda, che ha restituito ceramiche e vernice nera, anfore e monete attestanti la sua frequentazione da epoca tardo repubblicana.
Dai fondali antistanti la spiaggia sono stati tra l'altro recuperati un frammento di macina in pietra ed un capitello corinzio in marmo del I sec. d.C. frutto della demolizione di un edificio che doveva sorgere nei pressi.
Ospitalità:
Il viandante o il malato, appena varcata la soglia, veniva confessato e lavato. Dopo di che - una volta divisi gli uomini dalle donne - venivano assegnati i letti, comuni: solo i malati avevano diritto al letto singolo. Chi si rifiutava di dormire con degli sconosciuti veniva cacciato.
Il salone del primo piano conserva le nicchie nelle pareti dove gli ospiti tenevano i loro oggetti personali: alcune di queste hanno ancora dei fori che servivano come lavandini.
Il complesso ospitava fra gli 80 e i 100 posti letto e in caso di necessità si potevano sfruttare gli ambienti delle due chiese.
Poi venivano consegnate una coperta e un lenzuolo, e persino l'abbigliamento per uscire.
Gli ospiti erano "caldamente invitati" a fare testamento, dove una clausola prevedeva un lascito all'istituzione ospedaliera per finanziare messe e preghiere in suffragio...
In cambio il vitto era buono: due pasti al giorno, carne tre volte alla settimana e persino posate d'argento (per questioni d'igiene).
la Commenda, che fu a partire dal 1180, la stazione marittima per i pellegrini che partivano per la Terra Santa. La facciata è del '500, aggiunta al corpo medievale preesistente. Anche i piani superiori sono stati restaurati nel corso dei secoli, mentre il piano terra è quello originale.
Nella grande sala del piano terreno che dormivano i pellegrini, infatti lungo le pareti si possono vedere le cerniere per gli sportelli degli stipetti e delle nicchie con una base scavata e un beccuccio per far defluire l'acqua che servivano agli ospiti per le loro abluzioni.
Alla Commenda si arrivava da tutta Europa. Alcune carte svizzere dei Padri Agostiniani che controllavano il Gran San Bernardo ci danno la certezza che tutti quelli che volevano andare in Terra Santa avevano come meta del loro viaggio sulla terra ferma la Commenda di Prè.
Tra gli ospiti di prestigio è bene ricordarne due: Dante e Petrarca. Quindi, alla Commenda non ci si fermava solo per raggiungere i luoghi delle Crociate, ma anche per riposare un poco durante i lunghissimi viaggi di allora da una città italiana all'altra.
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